Anisakis

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Anisakis
Anisakis sp. nell'intestino di Clupea harengus
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Protostomia
Phylum Nematoda
Classe Chromadorea
Ordine Ascaridida
Superfamiglia Ascaridoidea
Famiglia Anisakidae
Sottofamiglia Anisakinae
Tribù Anisakinea
Genere Anisakis
Dujardin, 1845
Specie

Anisakis Dujardin, 1845 è un genere di vermi nematodi, parassiti di diversi organismi marini.[1]

Ciclo biologico[modifica | modifica wikitesto]

Il ciclo vitale e infettivo del parassita

Questi parassiti si trovano, allo stadio adulto, nello stomaco dei mammiferi marini (balene, foche, delfini), e sono visibili a occhio nudo. Nei pesci sono presenti all'interno delle carni, prevalentemente nella parte inferiore, dove assumono una colorazione biancastra.

Le specie di anisakis svolgono il loro ciclo biologico in ambiente marino. Le uova sono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini e si sviluppano vari stadi larvali. Subito dopo la schiusa sono ingeriti dai primi ospiti intermedi, di solito i piccoli crostacei che costituiscono il krill. Il krill a sua volta è ingerito dal secondo ospite intermedio, o paratenico (cioè in cui il parassita non può svilupparsi e crescere), che è il pesce. A questo punto si sviluppa l'ultimo stadio larvale che può passare direttamente all'ospite definitivo (mammiferi marini) per il completamento del suo ciclo biologico, oppure può trovarsi accidentalmente in un altro ospite, definito per questo accidentale, nel quale il parassita non evolve a successivi stadi di sviluppo. L'ospite accidentale può essere l'uomo se quest'ultimo si ciba di pesce crudo o poco cotto che abbia la larva di Anisakis.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Questi nematodi, visibili a occhio nudo, misurano da 1 a 3 cm, vanno dal colore bianco al rosato, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su loro stessi.

Implicazioni sanitarie[modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Le larve di anisakis possono costituire un rischio per la salute umana in due modi:[2]

  • parassitosi causata da ingestione di pesci crudi contenenti le larve;
  • reazione allergica ai prodotti chimici liberati dalle larve nei pesci ospiti.

Molti prodotti ittici possono essere interessati dall'infestazione da anisakis. Quelli più a rischio sono pesce sciabola, ricciola, lampuga, pesce spada, tonno, sardina, aringa, acciuga, nasello, merluzzo, rana pescatrice, sgombro e salmone.

Anisakidosi o anisakiasi[modifica | modifica wikitesto]

Anisakiasi o anisakidosi
Microscopia elettronica di Anisakis simplex
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM127.1
ICD-10B81.0
MeSHD017163

L'anisakidosi o anisakiasi è un'infezione parassitaria del tratto gastrointestinale causata dall'ingestione di prodotti ittici crudi o non sufficientemente cotti contenenti le larve di Anisakis simplex. Il primo caso documentato di infestazione umana da parte di un membro della famiglia delle Anisakidae è stato descritto nei Paesi Bassi negli anni sessanta.[3]

Epidemiologia[modifica | modifica wikitesto]

È riportata un'alta prevalenza di parassitosi nei paesi dove il pesce viene consumato crudo, leggermente sottaceto o sotto sale, soprattutto in Scandinavia (dal fegato di merluzzo), in Giappone (dal consumo di sushi e sashimi), nei Paesi Bassi (dalle aringhe in salamoia, le cosiddette maatjesharing) e nella costa del Pacifico del Sud America (dall'insalata di mare nota come ceviche). Negli Stati Uniti sono descritti meno di dieci casi all'anno.[4] Lo sviluppo di migliori strumenti diagnostici e la maggior consapevolezza della malattia hanno portato a un aumento della frequenza di casi riconosciuti di anisakiasi. I casi stimati nel mondo sono 20 000 ogni anno.[5]

Clinica[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'ingestione le larve vitali possono essere espulse nelle 48 ore successive o penetrare immediatamente nella mucosa gastrica causando un dolore addominale violento, accompagnato da nausea e vomito, talvolta delle stesse larve.[6]

Se passano nell'intestino si può manifestare una risposta immunitaria eosinofila e granulomatosa, generalmente una o due settimane dopo l'infezione, con una clinica simile a quella della malattia di Crohn, con dolore addominale intermittente, nausea, diarrea e febbre.[6] È anche possibile la perforazione intestinale.[7]

Larva di Anisakis simplex

Diagnosi[modifica | modifica wikitesto]

La diagnosi è effettuata tramite EGDS, durante la quale possono essere osservate e rimosse larve anche di 2 cm, tramite una radiografia con mezzo di contrasto, oppure tramite esame istologico effettuato su biopsia o durante l'intervento chirurgico.[6] Dal momento che l'uomo non è un ospite finale, non vengono riscontrate uova all'esame delle feci.[6]

Trattamento[modifica | modifica wikitesto]

In alcuni casi l'infezione si risolve con il solo trattamento sintomatico.[8] In qualche caso l'infezione può portare a un'ostruzione dell'intestino tenue, che potrebbe richiedere l'intervento chirurgico,[9] benché siano riportati casi di successo di un trattamento con solo albendazolo, senza chirurgia[10].

Prevenzione[modifica | modifica wikitesto]

L'anisakiasi può essere prevenuta mediante la cottura e/o il surgelamento del pesce a temperature adeguate per un tempo sufficientemente lungo, mentre non viene scongiurata né dalla marinatura, né dalla salatura, né dall'affumicatura.[6]

Esistono evidenze che il consumo di pesce d'allevamento sia meno a rischio rispetto a quello di pesce selvatico.[11][12][13][14] Molti paesi obbligano per legge a surgelare preventivamente il pesce destinato al consumo crudo; nei Paesi Bassi ciò ha praticamente eliminato la possibilità di sviluppo di anisakiasi umana.[15]

Surgelamento[modifica | modifica wikitesto]

L'efficacia del surgelamento del pesce crudo nel prevenire l'anisakiasi dipende sia dalla temperatura, sia dalla durata del trattamento. Vari studi condotti negli anni novanta e duemila indicano che per la morte delle larve sia necessario il mantenimento dell'intero stock di pesce in tutte le sue parti[16] a una temperatura inferiore a -18 °C per almeno 96 ore.[17] È tuttavia ritenuto opportuno far seguire al trattamento termico la conservazione del pesce nel medesimo stato di congelamento.[17]

Tra i congelatori domestici solo quelli a tre o quattro stelle raggiungono tale temperatura, mentre quelli a una o due stelle raggiungono le temperature non sufficienti di -6 e -12 °C.[17]

Cottura[modifica | modifica wikitesto]

Anche nei trattamenti ad alta temperatura l'efficacia nella prevenzione dell'insorgenza dell'anisakiasi dipende dalla durata e dalla temperatura. In particolare l'EFSA suggerisce che si deve portare la parte più interna del pesce a una temperatura superiore a 60 °C per almeno un minuto.[18] Per ottenere questo risultato è necessario cuocere il pesce per una durata più lunga e a una temperatura maggiore. Per un filetto di 3 cm è necessaria una cottura di almeno dieci minuti per raggiungere questo scopo.[18]

Normative vigenti[modifica | modifica wikitesto]

L'Organizzazione mondiale della sanità raccomanda che l'eviscerazione, il surgelamento ad almeno -23 °C per una settimana e la cottura avvengano il più presto possibile.[19]

Nei paesi dell'Unione europea la normativa CE 853/2004 approvata dal parlamento europeo raccomanda il surgelamento dei prodotti ittici a -20 °C per almeno 24 ore e prevede l'ispezione a campione dei prodotti ittici, l'eventuale identificazione del parassita e la conseguente rimozione dal mercato dei prodotti pesantemente contaminati.[20] Inoltre tale normativa prescrive per i ristoratori l'obbligo di munirsi di abbattitori di temperatura in relazione ai quantitativi di prodotto che si intendono trattare.[20]

Negli Stati Uniti la FDA raccomanda il surgelamento ad almeno -35 °C per quindici ore o ad almeno -20 °C per una settimana,[4] mentre CDC raccomanda la cottura dei prodotti ittici ad almeno 63 °C o il surgelamento ad almeno -20 °C per una settimana, oppure ad almeno -35 °C fino alla solidificazione con immagazzinamento a -35 °C per 15 ore o a -20 °C per 24 ore.[21]

Reazioni allergiche[modifica | modifica wikitesto]

Anche a pesce sufficientemente cotto le sostanze chimiche secrete dalle larve all'interno dei pesci che le ospitano possono causare reazioni allergiche in individui sensibili;[22] lo stesso vale nel caso del congelamento.[22]

Si può presentare con manifestazioni acute, quali orticaria e reazioni anafilattiche accompagnate o meno a sintomi gastrointestinali, mediate da IgE.[3] In coloro che lavorano nel trattamento del pesce sono state osservate altre manifestazioni, come attacchi asmatici, congiuntiviti e dermatiti da contatto.[23]

La diagnosi di sensibilizzazione può essere effettuata mediante esami allergici quali il prick test e la ricerca di anticorpi specifici contro la larva di Anisakis. L'ipersensibilità può essere indicata da una rapida crescita dei livelli di IgE nei giorni immediatamente seguenti l'ingestione di pesce infetto.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Anisakis, in WoRMS (World Register of Marine Species). URL consultato il 10 luglio 2013.
  2. ^ Amato Neto V, Amato JG, Amato VS, Probable recognition of human anisakiasis in Brazil, in Rev. Inst. Med. Trop. Sao Paulo, vol. 49, n. 4, 2007, pp. 261–2, PMID 17823758.
  3. ^ a b c Maria Teresa Audicana e MW Kennedy, Anisakis Simplex: From Obscure Infectious Worm to Inducer of Immune Hypersensitivity, in Clinical microbiology reviews, vol. 21, n. 2, 2008, pp. 360–379, DOI:10.1128/CMR.00012-07, PMC 2292572, PMID 18400801.
  4. ^ a b [1] Bad Bug Book: Foodborne Pathogens Microorganisms and Natural Toxins Handbook. Food and Drug Administration.
  5. ^ (EN) Kuhn, et al., Adaptive radiation within marine anisakid nematodes: a zoogeographical modeling of cosmopolitan, zoonotic parasites., in PLoS One, vol. 6, n. 12, 2011, pp. e28642.
  6. ^ a b c d e Harrison, Principi di medicina interna, Milano, McGraw-Hill, 2005, pp. 1423.
  7. ^ Pacios, Enrique; Arias‐diaz, Javier; Zuloaga, Jaime; Gonzalez‐armengol, Juan; Villarroel, Pedro; Balibrea, Jose L. (2005). "Albendazole for the Treatment of Anisakiasis Ileus". Clinical Infectious Diseases 41 (12): 1825. doi:10.1086/498309. PMID 16288416.
  8. ^ Nakaji K (2009). "Enteric anisakiasis which improved with conservative treatment". Intern. Med. 48 (7): 573. doi:10.2169/internalmedicine.48.1905. PMID 19336962.
  9. ^ Sugita S, Sasaki A, Shiraishi N, Kitano S (April 2008). "Laparoscopic treatment for a case of ileal anisakiasis". Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 18 (2): 216–8. doi:10.1097/SLE.0b013e318166145c. PMID 18427347.
  10. ^ Resources for Health Professionals at CDC.
  11. ^ (EN) Deardorff, Kent, Prevalence of larval Anisakis simplex in pen-reared and wild-caught salmon (Salmonidae) from Puget Sound, Washington, in jwildlifedis, vol. 25, n. 3, 1989, pp. 416-419. URL consultato il 24 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2013).
  12. ^ (EN) Koji, et al., Possibility of anisakid larvae infection in farmed salmon, in Fisheries Science, vol. 66, n. 6, 2000, pp. 1049–1052.
  13. ^ (EN) Marty GD, Anisakid larva in the viscera of a farmed Atlantic salmon (Salmo salar), in Aquaculture, vol. 279, n. 1-4, pp. 209–210, DOI:10.1016/j.aquaculture.2008.04.006.
  14. ^ Casabona et al., Global Food Security:Ethical and Legal Challenges, Wageningen Academic Pub, 2010, pp. 240-241.
  15. ^ David T. John, William Petri, Markell and Voge's Medical Parasitology, St. Louis, Saunders, 2006, pp. 267–270, ISBN 0-7216-7634-0.
  16. ^ (EN) Wharton DA, Aalders O, The response of Anisakis larvae to freezing., in J Helminthol, vol. 76, n. 4, 2002, pp. 363-8.
  17. ^ a b c EFSA, pp. 39-40, 2010.
  18. ^ a b EFSA, p. 41, 2010.
  19. ^ Foodborne disease outbreaks: Guidelines for investigation and control (PDF), Ginevra, WHO Press, 2008, ISBN 978-92-4-154722-2.
  20. ^ a b Normativa CE 853/2004.
  21. ^ How can I prevent anisakiasis?.
  22. ^ a b Opinion of the Scientific Committee on Veterinary Measures relating to Public Health - Allergic reactions to ingested Anisakis Simplex antigens and evaluation of the possible risk to human health - 27 April 1998.
  23. ^ N Nieuwenhuizen, AL Lopata, MF Jeebhay, DR Herbert, TG Robins e F Brombacher, Exposure to the Fish Parasite Anisakis Causes Allergic Airway Hyperreactivity and Dermatitis, in The Journal of allergy and clinical immunology, vol. 117, n. 5, 2006, pp. 1098–105, DOI:10.1016/j.jaci.2005.12.1357, PMID 16675338.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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