Škoda 30,5 cm K10

Škoda 30,5 cm K10
Cannone da 305/42
Gli Škoda 30,5 cm K10 delle torri di poppa della SMS Tegetthoff.
Tipocannone navale e costiero
OrigineAustria-Ungheria
Impiego
UtilizzatoriAustria-Ungheria
Bandiera dell'Italia Italia
ConflittiPrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
Produzione
Data progettazione1910
CostruttoreŠkoda
Entrata in servizio1911
Ritiro dal servizio1945
Numero prodotto60 circa
Descrizione
Peso52 650 kg
Lunghezza13 750 mm
Lunghezza canna13 000 mm
Calibro305 mm
Tipo munizionicartoccio-bossolo
Peso proiettileBandiera dell'Austria-Ungheria 450
Bandiera dell'Italia 452 kg
Cadenza di tiromax 3 colpi/min
Velocità alla volataBandiera dell'Austria-Ungheria 800 m/s
Bandiera dell'Italia 765 m/s
Gittata massima20 000 m
Elevazione-3°/+20°
Velocità elevazione2,5°/sec
Angolo di tiro280°
Velocità di rotazione3°/sec
Corsa di rinculo850 mm
Peso della carica138 kg
da NavWeaps.com
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Lo Škoda 30,5 cm K10 era un cannone navale austro-ungarico impiegato sulle navi da battaglia della k.u.k. Kriegsmarine durante la I guerra mondiale. Dopo la sconfitta austriaca e l'acquisizione di alcune unità da parte dell'Italia, fu impiegato anche dalla Regia Marina italiana come cannone costiero, denominato cannone da 305/42[1], fino alla seconda guerra mondiale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Classe Radetzky.

Questo cannone fu sviluppato dalla Škoda come armamento primario in torre delle navi da battaglia classe Radetzky, le ultime navi da battaglia pre-dreadnought della marina austro-ungarica realizzate a partire dal 1907. Questo tipo di nave era però già superato all'ingresso dalla rivoluzione apportata nel mondo navale dalle prime dreadnought, inaugurata dalla HMS Dreadnought. Già nel 1910 sugli scali dello Stabilimento Tecnico Triestino venne impostata la SMS Viribus Unitis capoclasse dell'omonima classe di monocalibre. Per armare queste navi la Škoda realizzò una seconda serie di 52 cannoni, solo questi effettivamente denominati K10, che differivano dalla prima serie per la camera di scoppio più lunga di 5 cm. Inoltre diversi erano pure gli impianti, costituiti da quattro torri trinate per nave.

Dopo la fine della Grande Guerra, la SMS Tegetthoff e la SMS Erzherzog Franz Ferdinand vennero cedute come riparazione di guerra dalla k.u.k. Kriegsmarine al Regno d'Italia, mentre la SMS Radetzky e la SMS Zrinyi si consegnarono alla US Navy. Le quattro navi rimasero a lungo a Venezia in disarmo ed infine, tra il 1922 ed il 1926, vennero demolite ad Ancona ed a La Spezia in esecuzione delle clausole sul disarmo delle Potenze centrali. I cannoni da 305/42 furono recuperati (così come gli Škoda 15 cm K10 ed i Škoda 7 cm K10) ed assegnati alle batterie costiere antinave della Regia Marina e della MILMART. Alcuni risultavano ancora in servizio allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

La bocca da fuoco[modifica | modifica wikitesto]

La bocca da fuoco era costituita dalla canna in acciaio e dall'otturatore a cuneo orizzontale; essa impiegava una munizione separata a "cartoccio-bossolo", costituita dalla granata, pesante 450 kg (452 kg quella italiana), e dalla carica di lancio da 138 kg contenuta in un bossolo d'ottone. Nella prima serie di cannoni la carica di lancio era minore in quanto la camera di scoppio della culatta era più corta di 5 cm. La cadenza di tiro di tre colpi al minuto poteva essere mantenuta per i primi minuti, per attestarsi poi su 1-2 colpi al minuto[2].

Le torri[modifica | modifica wikitesto]

L'installazione in torre poteva brandeggiare di 140° a sinistra ed altrettanti a destra. Il settore di elevazione delle bocche da fuoco andava da -3° a + 20°, ma per la ricarica dovevano essere portate a +2°. Alla massima elevazione la portata era di 20 000 m. Le torri soffrivano di alcuni problemi di progettazione: la protezione era scarsa, soprattutto sulla cintura corazzata tra torre e la casamatta sottostante. Le cupole dei telemetri, poste sulla sommità delle torri, erano sovradimensionate, cosicché, se colpite, sarebbero saltate via scoperchiando la copertura corazzata. Anche il sistema di ventilazione era difettoso, poiché in combattimento, quando il rateo di fuoco era massimo, esso risucchiava in torretta i gas di sparo: fu calcolato che, dal momento in cui l'impianto entrava in funzione, entro 15 minuti sarebbe venuto a mancare l'ossigeno ai serventi. Infine, le torri trinate sovrapposte sulle Viribus Unitis, pesanti ognuna 630 tonnellate, causavano distorsioni nello scafo e richiesero un irrigidimento ed appesantimento delle strutture[2].

Impianti costieri[modifica | modifica wikitesto]

Nel primo dopoguerra furono previste diverse destinazioni per il cannone da 305/42 nell'ambito della riorganizzazione della difesa costiera. Nel 1931 venne progettata l'installazione su affusti singoli di questi cannoni a Trapani[3], a Pantelleria[4] ed a Tobruk[4]. A Ischia, Ponza e Capri venne progettata l'installazione di tredici pezzi[4], mentre a Pantelleria era previsto un impianto in torre trinata[5]. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, i tre pezzi su affusto singolo approntati per Tobruk vennero utilizzati per la realizzazione della Batteria Cattaneo di Taranto, una struttura in piazzole aperte mai terminata a causa dell'armistizio[5]. Oltre a questi risultavano disponibili nel 1941 venti bocche da fuoco per le quali scarseggiava però il munizionamento[5]. Di questi, sei pezzi vennero affustati per le difese di Tobruk e Tripoli e due per l'imbarco sui pontoni armati GM 191 e GM 192[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nella nomenclatura italiana il primo numero indica il calibro espresso in millimetri, il secondo la lunghezza in calibri. Questo secondo valore è inferiore a quello tedesco ed anglosassone poiché gli italiani calcolavano la lunghezza della canna escludendo la camera di scoppio.
  2. ^ a b Da NavWeaps.com
  3. ^ Clerici, op. cit. pag. 19.
  4. ^ a b c Clerici, op. cit. pag. 20.
  5. ^ a b c d Clerici, op. cit. pag. 22.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • John Campbell, Naval Weapons of World War Two, Naval Institute Press, 1985.
  • Balogh Tamás e Csepregi Oszkár, A Szent István Csatahajó (La corazzata Szent István).
  • Peter Hodges, The Big Gun: Battleship Main Armament, 1860-1945, Naval Institute Press, 1981.
  • Friedrich Prasky, The Viribus Unitis Class. Warship Volume II., Conway Maritime Press Ltd., Londra 1978.
  • Carlo Alfredo Clerici, Batterie costiere in Italia, Albertelli Edizioni Speciali, Parma, 1996.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]